Pleiadi

Sotto i cieli d’estate
mi indicavi a parole
l’orsa maggiore, le efelidi mute.
Ridevamo dei dattili,
chiamavi Cassiopea la tua monstera.

Guardo con la tua voce l’infinito
adesso e non mi oriento
tra corpi umani e celesti:
senza le tue risate
io non mi so ascoltare,
sono un muto strumento
senza corde né diapason.
Guardo le piante e non mi capisco.

Al nostro ultimo incontro
piangevi lacrime
di due persone. Io frugavo
un ostentato sorriso nell’inutile
ossimoro del mio mite dolore.
Non ho saputo erodere
i macigni dei millenni.

Non dirmi addio – volevo
dirti – se io non riesco.
Sappiamo: il ricordo
ricama le armonie; e la pupilla
lo spazio sperso. Insieme
ormai eravamo un suono sordo
ed un silenzio
meno tragico di questo.

Morire è necessario,
rinascere sembra ingiusto.

L’ustione lascia pleiadi sulla pelle.

Salvatore Spampinato
Ph MLM